Capriata alla martinese
'Ncapriata alla martinese; Fabbianche e lambascioni; Incapriata alla martinese; Fave e lambascioni
- Descrizione sintetica del prodotto
- Processo produttivo
- Storie e tradizione
- Tipologia di commercializzazione
La capriata alla martinese è un piatto semplice e gustoso, la cui origine è attribuita al territorio di Martina Franca (TA), dove ancora oggi è usanza comune servire il purè di fave insieme a bulbi di lambascione (Muscàri comosum (L.) Mill.). Questi, una volta lessati e conditi con olio, accompagnano le fave insieme a una spolverata di pane grattugiato soffritto.
Si tratta di una ricetta che presenta in maniera del tutto originale uno dei piatti più comuni della cucina pugliese, il purè di fave o “fave bianche”, la cui dolcezza si sposa perfettamente al sapore amarognolo dei lambascioni.
Ingredienti: fave bianche, lambascioni, olio extravergine d’oliva, sale, pane grattugiato soffritto.
Procedimento: Le fave secche, private della buccia, ovvero della coriacea cuticola esterna, vengono poste a bagno per 10-12 ore. Si dispongono poi in un tegame o, ancora meglio, in una pignata (classico recipiente di terracotta utilizzato per le lente cotture sul fuoco), e si ricoprono di acqua. Qui si lasciano cuocere a fiamma bassa e si rimestano di tanto in tanto, avendo cura di eliminare dalla superficie la schiuma che si forma. A metà cottura si aggiunge poco sale e un mestolo di acqua, se necessario. Quando le fave iniziano a sfaldarsi possono essere razzolate, vale a dire mescolate e battute con un cucchiaio di legno in modo da ridurle in purea.
L’impiattamento finale prevede che su un letto di purè di fave condite con olio extravergine d’oliva, si dispongano i lambascioni bolliti e si spolveri un’abbondante manciata di pane grattugiato soffritto.
Una variante della ricetta è presentata da Luigi Sada nel volume “La cucina della Terra di Bari” (1991), in cui i lambascioni si uniscono alle fave a metà cottura per ridurre il tutto in purea e lasciar insaporire fino a cottura ultimata.
Questo piatto è nato nelle famiglie contadine di un tempo che vivevano condizioni economiche assai modeste e non potevano permettersi cibi più elaborati e costosi. Da pochi e semplici ingredienti è nata una pietanza genuina che, accompagnata con un contorno di cicorielle selvatiche, cime di rapa, peperoni al pomodoro ed altro ancora, tra cui lambascioni lessati, e fette di pane casereccio, ha costituito per decenni il pasto unico per antonomasia del contadino pugliese, perfetto per saziarlo dopo le dure fatiche nei campi. Nel tempo, questa minestra di fave secche (e contorni vari) ha conquistato tutti i palati, superando di gran lunga l’ambito domestico. Oggi, infatti, si ritrova nei menù dei più rinomati ristoranti e trattorie della Puglia, che lo propongono tra gli antipasti o i primi piatti.
Storicamente, la ricetta della “Capriata alla martinese” è da generazioni legata al territorio regionale. A dimostrazione del legame tra la ricetta e il territorio, è stata ritrovata una ricca documentazione bibliografica di libri che trattano la cucina pugliese, risalenti agli anni ’70 e ’90. Nello specifico:
- Luigi Sada nel capitolo “La Cucina e i Vini Tipici” del libro “Puglia. Turismo/Storia/Arte/Folklore” (AA.VV., 1979) riporta la “ncapriata alla martinese” tra le specialità di Martina Franca (TA) (pag. 670). La ricetta è quella tradizionale, preparata con purè di fave, lampascioni lessi e pane grattugiato soffritto;
- Nel volume “Puglia. Guida turistica e gastronomica” (AA.VV., 1979), nella sezione “Gastronomia” curata da Felice Cunsolo, viene descritta la stessa ricetta martinese (pag. 53), accompagnata da una foto di P. Martini (pag. 56);
- A testimonianza della diffusione regionale del piatto, nel testo “La cucina della Terra di Bari. Storia e ricette” (Sada, 1991) l’autore presenta la variante “Fabbianche e lambascioni” (pag. 74), in cui i lambascioni si uniscono alle fave a metà cottura e si riduce il tutto in purea;
- Nel testo “La cucina delle Murge. Curiosità e tradizioni” (Pignatelli Ferrante, 1995) l’autrice dedica un intero capitolo alle fave, descrivendo la pietanza “Fave e lampasciuni” nella versione tradizionale (pag. 62);
- Nel libro “Puglia. Guida turistico-culturale” (Carofiglio, 1995), la ricetta è citata tra le numerose usanze pugliesi di consumare le fave all’interno del “Repertorio della cucina pugliese” (pag. 47) di cui è autore lo stesso Luigi Sada.
Nei documenti n° 2, 3 e 4 si parla generalmente di una preparazione a base di fave bianche e lambascioni, ma, leggendo le modalità di cottura nei documenti allegati, è facile collegare tali ricette alla ricetta che Sada – già nel 1979 – legava tradizionalmente al territorio di Martina Franca (TA).
Nonostante il legame della “Capriata alla martinese” con la cucina povera regionale, ancor oggi questo è un piatto legato alle tradizioni di Puglia, così come riportato nella sitografia inserita in Scheda A. A titolo di esempio, nel 2019 su un articolo del celebre blog culinario GialloZafferano (2019) è presentata la ricetta della capriata alla martinese da Emanuela Bleve, foodblogger originaria di Massafra (TA).