Cardoni
Cardune, figghiule (la “e” è muta), cardi, polloni di carciofo.
- Descrizione sintetica del prodotto
- Processo produttivo
- Storie e tradizione
- Tipologia di commercializzazione
- Iniziative di promozione
I carducci sono germogli prodotti a partire dalle gemme presenti sul rizoma, in particolare durante la ripresa vegetativa della pianta, poco durante la produzione dei capolini. Nel dialetto di diversi comuni pugliesi a vocazione cinaricola vengono chiamati “cardune” e “figghiule” (la “e” in questo caso, nel dialetto molese, è muta).
Questi germogli rappresentano il sistema di propagazione (agamica) più comune e tradizionale del carciofo, ma non il migliore. Esso consiste nel prelievo di carducci in sovrannumero dalle piante madri all'epoca delle scarducciature (lasciandone due o tre per pianta) e, dopo una selezione visiva, nel trapianto degli stessi in pieno campo.
Tradizionalmente vengono mondati eliminando le parti più coriacee e fibrose, quindi vengono lavati e lessati in acqua e sale. Successivamente si lasciano a bagno per alcune ore in acqua, cambiandola due, tre volte per facilitare la deamarizzazione, quindi sono pronti all’uso. Possono essere semplicemente conditi con olio e sale, oppure essere utilizzati allo stesso modo dei capolini di carciofo.
D’Ambrosio nel libro “Tra anima e corpo – Cibo tra alimentazione in Puglia nei secoli XVIII e XIX” (1995), cita il consumo dei cardoni nel mese di febbraio del 1763 nel seminario di Gravina, nel mese di novembre del 1770 nel seminario di Trani, nel mese di febbraio del 1855 nel seminario di Molfetta, nonché nei mesi di dicembre del 1750 e di gennaio, febbraio e marzo del 1751 nel Monastero si S. Agnese di Trani (fig. 1, 2).
Sada nel libro “La cucina della terra di Bari” (1991), riporta la ricetta “Cardune acchefanate” a base di carducci, che vengono indicati come «rimesticci delle piante di carciofo, che si svellono durante la stagione invernale per sfoltire le carciofaie» (fig. 3).
I cardoni sono anche un ingrediente della tipica “minestra verde”, primo piatto caratteristico barese per il periodo di Natale. La ricetta viene descritta in dettaglio da Nicola Borri nel capitolo “Il pugliese a tavola. Alcune specialità della cucina pugliese ed il modo di prepararle” nel libro “Puglia dalla terra alla tavola” (AA.VV., 1990) (fig. 4).
Sull’opuscolo “Cynara” (1992), supplemento al mensile locale Realtà Nuove di Mola di Bari n. 46, dedicato al carciofo, alle sue tradizioni e al suo impiego nella cucina tradizionale molese, viene riportate le seguenti ricette: riso patate e cardoni al forno, cardoni lessi, cardoni fritti e cardoni con la pasta e col sugo (fig. 5).
Un proverbio tipico di Martina Franca recita: «quanne u pòpele na jéve furtéune o sfoche a jerve o a cardune» (in tempo di carestia la gente povera si adatta o si sfama di erbe e cardi).