Olio extravergine di oliva coratina
L’olio extravergine di oliva coratina è ottenuto dalla prima spremitura di olive attraverso processi meccanici continui, e la cui acidità libera, espressa in acido oleico, non risulti superiore all'0,8%.
Le olive sane e fresche vengono sottoposte ai seguenti passaggi: defogliazione per eliminare rametti e foglie, lavaggio delle olive per eliminare eventuali impurità e corpi estranei (terriccio, sassolini…), frangitura delle olive tramite molazze in pietra oppure attraverso frangitori: a martelli, a dischi dentati, a coltelli sequenziali; centrifugazione tramite decanter a due fasi o a tre fasi, oppure mediante la pressione (con le presse), decantazione naturale oppure alla filtrazione tramite separatore verticale o mediante filtrazione con filtri naturali assolutamente inerti, imbottigliamento in contenitori scuri, conservazione in luogo fresco e asciutto.
Anno dopo anno, aumenta l’indice di gradimento dell’olio extravergine di oliva ottenuto dalla cultivar Coratina. Il suo amaro e piccante si intrecciano tra note di erba fresca, carciofo e mandorla. La Coratina, come tutte le varietà di oliva italiane, ha una sua storia. Una storia in cui, la città di Corato non assume alcun ruolo: ciò che le lega è il solo nome, a ricordo della città in cui è nata.
La Coratina era, un tempo, conosciuta come olivo a racioppe, prendendo spunto dalla caratteristica botanica di produrre olive a grappoli (definite, in dialetto, racioppe) o come uliva a racimolo. Quest’ultima denominazione veniva utilizzata, alla fine del Settecento, da Giovanni Presta, medico e agronomo italiano noto per i suoi approfonditi studi sull’olivicoltura. Egli ne parla nella sua pubblicazione “Memoria” intorno ai sessantadue saggi diversi di olio, presentati alla maestà di Ferdinando IV, re delle Due Sicilie, del 1786, e nel suo successivo trattato “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio”, nel quale si parla brevemente dell’oliva, da lui chiamata oliva a racimolo, «perché viene in racimoli di tre, di quattro ulive ciascuno, attaccate a piccole code». Presta colloca l’uliva a racimolo nella grande famiglia dell’olivicoltura pugliese, ma non ne individua una posizione geografica all’interno del tavoliere.
Chi farà riferimento all’origine della varietà Coratina è il prof. Girolamo Caruso, docente di Agronomia all’Università di Pisa. Egli fu interpellato da Raffaele Perfetti, imprenditore di origini toscane che, alla fine del XIX secolo, era proprietario di uno dei maggiori frantoi di Barletta. Il Perfetti spinto da interessi economici, uniti alla sua conoscenza del settore, aveva già sperimentato la varietà di oliva Coratina, ma le sue osservazioni richiedevano un confronto scientifico. Il prof. Caruso, invitato a Barletta a visitare il fondo dei Perfetti e Cettura, nel settembre del 1872, osservò per la prima volta questa varietà e ne rimase fortemente colpito. Come scrive nel suo trattato “Monografia dell’Olivo” del 1883 «mi fu assicurato esservi stato introdotto da Corato». Questa è l’unica e indiscutibile testimonianza scritta, in cui si rivela l’origine di questa “nuova” varietà. E ancora, il Caruso scriveva che gli olivi a racemi (a raciuoppe), sul finire di settembre, «avevano curvi i ramicelli sotto il peso dei molti grappoli fruttuosi, il cui verde paglierino faceva contrasto col verde cupo del copioso fogliame. Le olive sono obovate, carnosette, ma non abbondevoli in olio». In più, nella descrizione espresse una sua considerazione «l’olivo a raciuoppe non è noto abbastanza e merita di essere diffuso per la grande fecondità che possiede». Queste parole non rimasero inascoltate: il risultato fu la grande diffusione della varietà, che sarà impiantata continuamente, rendendo le provincie di Bari e di Foggia un enorme mare di olivi.
Negli anni a seguire, maggior risalto è stato dato alla varietà, formulandone una più accurata descrizione nell’opera “Le varietà di olive coltivate in Italia. Primo contributo alla conoscenza delle varietà di olivo per frutto da olio e da tavola coltivate in Italia”. Questa pubblicazione fu stampata nel 1937 a cura della Federazione Nazionale dei Consorzi per l’olivicoltura. Altri autori che descrivono le varietà coltivate nel versante adriatico dell’Italia sono il prof. Pantanelli e il dott. Brandonisio. Nella loro descrizione evidenziano la feconda produzione di queste olive, distinta per l’aggregazione a grappoli, la difficoltà nell’estrazione dell’olio e la notevole presenza del fruttato che lo rende particolarmente ricercato dai consumatori per il suo doppio uso: quando è giovane, e intensamente profumato, per tagliare e profumare altri oli, e come olio per la mensa quando è maturo. Queste motivazioni spinsero ulteriormente la diffusione della coltivazione dell’oliva Coratina e l’apertura di nuovi opifici.