Pane a prosciutto
Pène a Presùtte
Il “pane a prosciutto” è un pane preparato con due diverse farine, una comune e l’altra ricavata dal grano spigolato nelle ristoppie bruciate, e macinato in casa. Il suo nome è dovuto al colore che, quando viene tagliato, ricorda un prosciutto.
Ingredienti primo impasto: 250 g di farina di grano tenero 0 insieme a 250 g di farina di grano arso, si uniscono e si crea una fontana. Si aggiunge nella fontana 300 g di acqua, 5 g di lievito ,10 g di sale.
Preparazione: si impasta energicamente sulla spianatoia fino a raggiungere un impasto omogeneo. Successivamente si copre con un canovaccio e si lascia riposare per la lievitazione in un luogo non freddo per circa 1 ora e mezza. Nel frattempo, si prepara il secondo impasto con 1/2 kg di semola di grano, 300 g di acqua, 10 g sale, 5 g di lievito. Si impasta sulla spianatoia come per il precedente impasto e si copre il panetto con un canovaccio lasciandolo lievitare per circa 1 ora e mezza a temperatura ambiente. Al termine della lievitazione i due panetti vengono lavorati separatamente ottenendo due bastoni di circa 30 cm. I due cingoli/bastoni vengono a questo punto intrecciati tra loro. Il pane così ottenuto viene nuovamente sottoposto ad una ulteriore lievitazione di un’ora. Al termine della lievitazione si inforna a 220°C per circa 30 minuti altri 15 minuti a 250 °C.
La storia di questo pane ha radici intrise nel passato dell’antica tradizione contadina canosina. Il “pane a prosciutto” è legato all’uso del grano arso dalla cui molitura si ottiene una farina scura. L’uso di questa farina è legato alla povertà e a quei periodi feudali e oscuri in cui Canosa fu costretta a vivere per molti secoli. Vessata e schiacciata dalle continue gabelle, la popolazione di Canosa fu costretta a “rimboccarsi le maniche” ribellandosi al feudatario di turno e cercando di recuperare quel poco per sopravvivere.
Durante il Settecento, Canosa fu feudo dei principi napoletani Capece Minutolo e ne dovette subire le continue angherie. Fu imposta frequentemente la tassa sul macinato, obbligando la popolazione a consegnare gran parte della produzione al Principe. La storia narra che per rabbia e per evitare di consegnare il grano al Principe, i contadini bruciarono i campi con tutto il raccolto. I contadini, passata la rabbia, si disperarono perché non vi era più nulla da mangiare. Furono allora le donne, anime del focolare e della famiglia, a raccogliere le spighe bruciate, a pestarle ricavandone una farina scura. Il “pane a prosciutto” nasce così, dall’ingegno umano che si sviluppa in condizione di povertà, attraverso l’unione del doppio impasto di poca farina bianca e di farina nera, acqua e sale, dando a questo pane una forma di cosciotto, così da ingannare la fame e gustando un sapore, oggi ritenuto unico.
Canosa di Puglia come raccontano i nostri nonni e come raccontavano a loro volta i loro nonni fu la prima a produrre la farina di grano arso. Tuttavia, i mulini del circondario si rifiutavano di molire il grano, per via della colorazione scura delle spighe, che a Canosa si usavano chiamare “chìre di grenè jàrse”.
Fino a qualche anno fa il “pane a prosciutto” era stato seppellito nei meandri della memoria degli anziani, una tradizione perduta, che grazie ad alcuni panifici locali da qualche anno è stato rivalutata e valorizzata. Le origini antichissime del pane a prosciutto sono state tramandate oralmente di generazione in generazione. Il primo riferimento storico lo troviamo nel libro di Francesco Chiancone del 1991 “Raccontare Canosa”, nel quale a pag. 193 in una poesia “Spighe di grano arso” si racconta come veniva prodotto il pane a prosciutto dalla madre dell’autore.
Un altro riferimento lo troviamo grazie all’autore Luigi Sada nel libro “La cucina Pugliese” del 1994, dove a pagina 19 viene citato il pane a prosciutto.
- Nel 2014 la pro-loco di Canosa di Puglia, in occasione della manifestazione Puglia Tipica, ha organizzato un convegno dal titolo “Grano arso tra passato e futuro”, nel quale lo storico canosino Ins. Di Nunno Giuseppe parlandone come testimonianza del passato, cita il grano arso e il “pane a prosciutto”.