Pipirussi allu carcu di Melissano
Peperoni sotto pressa di Melissano, Peperoni in salamoia, Pipirussi alla salamura, Paparussi allu vasu.
- Descrizione sintetica del prodotto
- Processo produttivo
- Storie e tradizione
- Tipologia di commercializzazione
- Iniziative di promozione
Tra le tecniche di trasformazione che permettono di utilizzare il surplus produttivo di peperoni, che si ha nella stagione estiva, ve ne è una che è stata quasi del tutto abbandonata da circa 30 anni: quella dei peperoni in salamoia, nota anche come “peperoni sotto pressa”. La peculiarità del prodotto è che viene realizzato, esclusivamente, in un contenitore di terracotta cilindrico, che nel dialetto locale viene chiamato “stangatu” ed è tipico dell’arte figula salentina. Anche la varietà di peperone è tipica del comprensorio di Melissano: un peperone quadrato, carnoso, che dagli anni ’50 agli anni ‘90 ha sostenuto l’economia agraria del comune, in quanto la sua produzione interessava circa 100 ettari di superficie. Il prodotto veniva esportato sui principali mercati europei, soprattutto in Germania.
Per la trasformazione, vengono utilizzati solo peperoni verdi, carnosi, disposti a strati e conditi con abbondante sale grosso, menta, aglio e sedano (rigorosamente, varietà locali).
La lavorazione dei “pipirussi allu carcu” di Melissano consiste nel lavare e asciugare i peperoni, tagliarli per il senso della lunghezza in due falde, togliere il torsolo e i semi. Finita l’operazione di lavaggio e mondatura i peperoni vanno disposti per strati nel tradizionale “stangatu”, contenitore in terracotta dalla forma cilindrica corredato da un disco in terracotta che va adagiato sull’ultimo strato di peperoni prima che vengano sovrapposte le pietre che faranno da peso (fig.1).
Su ogni strato di peperoni va distribuita una manciata di sale grosso, foglioline di menta fresca, aglio e sedano. I peperoni vanno disposti in modo tale che la parte interna sia rivolta verso il basso. Una volta riempito lo “stangatu” i peperoni vanno messi sotto pressa (da cui “allu carcu”) lasciandoli spurgare dalla loro acqua di vegetazione pressati da un peso non inferiore ai 3 kg (per un contenitore dal diametro di circa 13 cm e alto 18 cm) o comunque un peso sufficiente a tenerli ben pressati. Man mano che i peperoni perdono l’acqua di vegetazione e il livello all’interno dello “stangatu” scende, è necessario aggiungere, anche giornalmente, ulteriori peperoni intervallati da sale grosso, aglio, menta e sedano fin quando lo “stangatu” non potrà più contenerne. I ‘pipirussi allu carcu’ di Melissano potranno essere consumati dopo almeno 60 giorni dall’inizio dell’operazione di pressatura. Si conservano nel loro liquido per circa 8 mesi.
Non sono numerosi i documenti scritti essendo il processo produttivo tramandato di generazione in generazione. La tradizionalità è assicurata dalla costanza del metodo di produzione adottato da un tempo superiore a quello previsto dalla normativa.
Nel vocabolario online “Il dialetto salentino come si parla a Scorrano” è riportato la seguente definizione di ‘pipirussu’: «Significato in italiano: peperoni. I peperoni costituiscono un alimento o un ingrediente molto diffuso nella cucina salentina e vengono preparati in una molteplicità di modi.», tra cui vengono riportati i ‘pipirussi alla conza’ definiti come «peperoni spaccati tenuti sotto pressa per un certo periodo con molto sale, aglio, menta e poi conservati sott’olio» (fig. 2).
Il giornalista Nunzio Pacella fa riferimento alla preparazione sotto pressa dei peperoni in alcuni suoi articoli (fig. 3).
Lucia Lazari riporta la ricetta dei ‘peparussi sottu pressa’ nel suo libro “Odori sapori, colori della cucina salentina con 629 ricette di ieri e di oggi” (2014) (fig. 4).
- “Fiera di San Rocco” a Ruffano (LE), a ferragosto, in occasione della quale è sovente promosso il ‘Sedano di Torre Paduli’ e i prodotti con esso preparati, tra cui i ‘Pipirussi allu carcu’;
- Progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”).