Senape o Cimamarelle

Sinapis arvensis, S. alba (senape bianca) e S. nigra o Brassica nera (senape nera o dolce).

Cima maredde o Cimamaredde o Tanne de l’asine (foglie degli asini: probabilmente gli asini da lavoro erano ghiotti di questa pianta spontanea) (Sinapis arvensis), rapeste, lapèste, senàpe, sinepe, fogghie bianghe (con la “e” muta),  s'náp o sinipi (S. alba e/o S. nigra o Brassica nigra).

È una pianta della famiglia delle Crucifere, dal fusto eretto alquanto ramificato, che può raggiungere il metro di altezza. Le foglie inferiori sono pennate e picciolate, i fiori sono gialli. Originaria dell’Asia Occidentale, attraverso la coltivazione si è diffusa in tutta Italia. La si rinviene inselvatichita un po’ dappertutto, nei campi incolti e ai margini dei coltivi, dalla pianura alla bassa montagna. Si utilizzano le foglie e le piccole infiorescenza, ma è noto anche il consumo dei semi maturi essiccati.

La senape viene raccolta in tutta la Puglia (dal Tavoliere al Salento) prima della fioritura; infestante dei cereali, è una pianta commestibile, ottima tenera da cucinare e miscelare con altre erbe di campo ed usare per contorno o ripieni vari per minestre, torte salate o frittate.

Dai semi maturi polverizzati, dopo il dovuto trattamento, è possibile ricavare la senape, nota salsa piccante.

In passato veniva utilizzata anche come foraggio per il bestiame, oggi, molto richiesta nei mercati locali, viene apprezzata da un numero crescente di consumatori attenti alle tradizioni locali.

È una pianta erbacea perenne che può raggiungere anche i 60-100 cm di altezza, con un fusto eretto, ramoso e peloso. Si riconosce, rispetto alle altre tante brassicaceae spontanee eduli nella nostra regione per la siliqua di 2-3 cm di lunghezza, peduncolata, di forma un poco arcuata con 2-3 semi di 2-3,5 mm di diametro, da bianco-giallastri a brunastri.

Nel capitolo "Con gli ortaggi e le erbe spontanee" all'interno del libro “La cucina pugliese in oltre 400 ricette” (Sada, 1994), nell'elenco delle specie spontanee utilizzate nella cucina pugliese (a pagina 87), viene riportata la "Senape selvatica (Sinapis erucoides): marascìuole (Capitanata), apudde (Barese e Tarantino), cramasciùlu (Salento)” con evidente confusione tra le specie botaniche. 

D’Ambrosio nel libro “Tra anima e corpo – Cibo tra alimentazione in Puglia nei secoli XVIII e XIX” (1995), cita il consumo della Senape nel Monastero di S. Agnese a Trani e Gravina riportando anche la frequenza mensile di questo alimento. (fig. 1, 2)

Sada nel libro “La cucina della terra di Bari” (1991), riporta questo: «Così pure non dirò diffusamente delle piante spontanee che vengono consumate crude o cotte: l’acetosa minore, l’asfodelo (la cui fecola serviva, in tempi di carestia, a confezionare il pane), il babbagigi, il bacicci, la borragine, il cappero, il cardo selvatico, la cicerbita, la crepide, il crescione, la porcellana, la rapa selvatica, la senape selvatica» (fig. 3).

Tanto altro all’articolo “Storia e tradizione delle ‘Cimamarelle’: bibliografia completa”.

Al dettaglio. È comune negli incolti, nonché in agriturismi.
  • Progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”).

Aspetti nutrizionali

Valore energetico: 27 kcal
Valori in grammi (g) per 100 g di parte edibile
Fonte: USDA (mustard greens).

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Bibliografia