Senape o Cimamarelle
Sinapis arvensis, S. alba (senape bianca) e S. nigra o Brassica nera (senape nera o dolce).
Cima maredde o Cimamaredde o Tanne de l’asine (foglie degli asini: probabilmente gli asini da lavoro erano ghiotti di questa pianta spontanea) (Sinapis arvensis), rapeste, lapèste, senàpe, sinepe, fogghie bianghe (con la “e” muta), s'náp o sinipi (S. alba e/o S. nigra o Brassica nigra).
- Descrizione sintetica del prodotto
- Processo produttivo
- Storie e tradizione
- Tipologia di commercializzazione
- Iniziative di promozione
La senape viene raccolta in tutta la Puglia (dal Tavoliere al Salento) prima della fioritura; infestante dei cereali, è una pianta commestibile, ottima tenera da cucinare e miscelare con altre erbe di campo ed usare per contorno o ripieni vari per minestre, torte salate o frittate.
Dai semi maturi polverizzati, dopo il dovuto trattamento, è possibile ricavare la senape, nota salsa piccante.
In passato veniva utilizzata anche come foraggio per il bestiame, oggi, molto richiesta nei mercati locali, viene apprezzata da un numero crescente di consumatori attenti alle tradizioni locali.
È una pianta erbacea perenne che può raggiungere anche i 60-100 cm di altezza, con un fusto eretto, ramoso e peloso. Si riconosce, rispetto alle altre tante brassicaceae spontanee eduli nella nostra regione per la siliqua di 2-3 cm di lunghezza, peduncolata, di forma un poco arcuata con 2-3 semi di 2-3,5 mm di diametro, da bianco-giallastri a brunastri.
Nel capitolo "Con gli ortaggi e le erbe spontanee" all'interno del libro “La cucina pugliese in oltre 400 ricette” (Sada, 1994), nell'elenco delle specie spontanee utilizzate nella cucina pugliese (a pagina 87), viene riportata la "Senape selvatica (Sinapis erucoides): marascìuole (Capitanata), apudde (Barese e Tarantino), cramasciùlu (Salento)” con evidente confusione tra le specie botaniche.
D’Ambrosio nel libro “Tra anima e corpo – Cibo tra alimentazione in Puglia nei secoli XVIII e XIX” (1995), cita il consumo della Senape nel Monastero di S. Agnese a Trani e Gravina riportando anche la frequenza mensile di questo alimento. (fig. 1, 2)
Sada nel libro “La cucina della terra di Bari” (1991), riporta questo: «Così pure non dirò diffusamente delle piante spontanee che vengono consumate crude o cotte: l’acetosa minore, l’asfodelo (la cui fecola serviva, in tempi di carestia, a confezionare il pane), il babbagigi, il bacicci, la borragine, il cappero, il cardo selvatico, la cicerbita, la crepide, il crescione, la porcellana, la rapa selvatica, la senape selvatica» (fig. 3).
Tanto altro all’articolo “Storia e tradizione delle ‘Cimamarelle’: bibliografia completa”.
- Progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”).