Smirnio
Corinoli comune, Olusatro, Zavirnia, Zivirnia, Lacciu criestu, Murlu, Muruddhru, ‘Nzirna
- Descrizione sintetica del prodotto
- Processo produttivo
- Storie e tradizione
- Tipologia di commercializzazione
- Iniziative di promozione
La pianta presenta un fusto eretto, scanalato-striato; le foglie sono opposte, di colore verde lucido, composte, a foglioline larghe e dentellate. Le foglie basali, più grandi, presentano tre segmenti ovati distinti lunghi circa 10 cm; le foglie superiori, più piccole, sono composte da tre sole foglioline. Le infiorescenze sono riunite in ombrelle composte di 10-25 raggi poste su lunghi peduncoli, con verticilli senza brattee e bratteole, dense di minuti fiori verdicci con piccoli petali gialli. I frutti sono diacheni, prima di color verde poi, neri lucenti con tre costolature e vallecole evidenti; a maturità si scindono in due mericarpi di 3 x 6-7 mm, ognuno dei quali contiene un piccolo seme nero a forma di mezzaluna.
Cresce in luoghi con poca luce ed in prossimità di muretti a secco o casolari abbandonati.
Lo Smirnio veniva utilizzato dagli antichi per le sue proprietà medicinali. Il succo della radice era considerato diuretico e stimolante, mentre quello ricavato dall’intera pianta veniva usato per disinfettare ferite e piaghe infette. Ha anche proprietà colagoghe e digestive, mentre i semi maturi venivano utilizzati per le loro proprietà antispasmodiche. Il sapore simile a quello del sedano, ma con note decisamente più aromatiche; le piante giovani, o le loro parti più tenere, sono gustate in numerose ricette della tradizione salentina. Esse, infatti, vengono cucinate da sole semplicemente lessate e condite a piacere, oppure entrano a far parte di minestre insieme ad altre verdure selvatiche, o preparate come i cardi, usando solo i gambi privati dei fili e tagliati a tocchetti.
Si riporta di seguito una ricetta tradizionale salentina:
«Sciusciéllu (brodetto con uova) allo smirnio. Ingredienti: brodo, 4 uova, 50 grammi di parmigiano, 30 grammi di pecorino, prezzemolo, smirnio. Procedimento: preparare il brodo, sbattere le uova con il prezzemolo e i formaggi grattugiati, versare nel brodo bollente; servire anche con crostini di pane. Ad Avetrana con questo brotu chinu, “brodo sostanzioso”, si usa condire anche la pastina».
Fonte ricetta: Matarrese E.
Lo smirnio (Smyrnium olusatrum L.) è una pianta anticamente coltivata in Italia, tant’è che alcuni riferimenti la associano alle tradizioni culinarie degli antichi romani. È riportato, infatti, che lo smirnio sia stato descritto sia da Plinio che da Columella nel primo secolo dopo Cristo; questa pianta veniva chiamata “prezzemolo alessandrino” e usata al posto del sedano per il suo sapore aromatico. A partire dai secoli XVI e XVII secolo la coltivazione dello smirnio fu gradualmente sostituita dal sedano, domesticato in Italia come ortaggio.
Altri riferimenti allo smirnio sono presenti nel libro “I discorsi di M. Pietro Andrea Mattioli. Sanese, medico cesareo et del serenissimo principe Ferdinando Arciduca d’Austria” (Mattioli P.A., 1573).
Con riferimento al territorio pugliese e, più in particolare, all’utilizzo in cucina dello smirnio, ritroviamo un uso tradizionale in cucina dello smirnio nel libro “La cucina pugliese in oltre 400 ricette” (Sada, 1994), all’interno del quale l’autore descrive la ricetta dello “Smirnio fritto”.
Non essendo stato possibile reperire altri fonti bibliografiche per attestare l’utilizzo tradizionale in cucina dello smirnio – essendo una pianta principalmente utilizzata nella cucina regionale in sostituzione di altre specie per lo più utilizzate come odori da cucina – sono state recuperate ulteriori informazioni inerenti lo smirnio su siti internet e blog curati da autori regionali.
Ad esempio, sul sito internet fondazioneterradotranto.it, in un articolo del 2011 a firma di Massimo Vaglio – già fonte di numerose notizie storico-tradizionali inerenti prodotti tradizionali pugliesi – si racconta come lo smirnio era utilizzato fino al secolo scorso in Puglia come sostituto del sedano (Apium graveolens L.). La larga diffusione di questa seconda cultura sul territorio regionale ha via via soppiantato la produzione di smirnio, che oggi viene coltivato in pochissime aree o utilizzato come specie edule spontanea.
Il collegamento dello smirnio con il sedano si rileva anche nei termini dialettali utilizzati per denominare le due specie. Lo smirnio, difatti, è anche detto “Lacciu criestu” in alcune zone del Salento; nelle stesse zone è coltivata una varietà locale di sedano, il ‘Sedano di Torrepaduli’, denominato dialettalmente “Lacciu de Turre”.
Oltre Vaglio, altri autori pugliesi hanno descritto ricette e usi tradizionali dello smirnio. Tra tutti, Eleonora Matarrese – chef, raccoglitrice, scrittrice e esperta di fitoalimurgia di origini baresi – ha descritto lo smirnio all’interno del suo blog, raccontandone pregi e qualità nutrizionali.
- Lo smirnio è stato promosso sul sito internet del progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”) (Cifarelli, 2018);
- Lo Smyrnium olusatrum L. è descritto su Wikipedia.
Le informazioni contenute nelle schede delleo "Smirnio" sono state curate e compilate per la candidatura a PAT della Regione Puglia dallo studente Massimo Cassiano nell’ambito dell’insegnamento di “Colture Ortive” del corso di Laurea Magistrale Scienze Agro-Ambientali e Territoriali (SAAT), Università degli Studi di Bari (a.a. 2022-2023).