Le ‘Cime di zucchina’, un PAT attraverso i secoli
Questa parola, derivante dal dialetto di Bisceglie, zona in cui il ‘siverchio’ è maggiormente diffuso e consumato come ingrediente in moltissime ricette, sta ad indicare le “cime di zucchina” o “talli di zucchina”, cioè gli steli della pianta di Cucurbita pepo L., assieme alle foglie più piccole e ai piccioli.
Della ‘Cima di zucchina’ o, appunto, ‘siverchio’ troviamo numerose testimonianze attraverso i secoli, che abbiamo raccolto e vi proponiamo nella seguente galleria fotografica.
Inoltre, si riportano di seguito le informazioni bibliografiche relative a ciascuna immagine, presentate in ordine cronologico, e una breve descrizione del contenuto.
Figura 1
Testo: Informatione del pestifero, et contagioso morbo;
Autore: Giovanni Filippo Ingrassia;
Anno di pubblicazione: 1576.
Altre informazioni: in questo manoscritto l’autore scrive «Herbe fredde, & umide l’estate si possono in moderate quantità concedere … Come sono lattuche, procacchie, acetosella, cicorea, scariola, tenerumi delle zucche, crude, o cotte, & mangiate per insalata con aceto forte». Il termine “tenerumi” sta ad indicare i talli della pianta delle piante di zucchina; in questo capitolo del libro l’autore suggerisce dei consigli per una corretta alimentazione al fine di prevenire il contagio del morbo della peste, molto temuto a quei tempi.
Figure 2, 3, 4
Testo: Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano;
Autore: Giacomo Castelvetro (Modena, 25 marzo 1546 – Londra, 21 marzo 1616) è stato un viaggiatore, umanista, accademico e scrittore di viaggi italiano;
Anno di pubblicazione: 1614.
Altre informazioni: l’autore descrive una serie di ricette originali e metodi di conservazione delle verdure con divisione per stagione e per tipo di verdura e frutto.
Figura 5
Testo: Vocabolario Dialettale – Biscegliese – Italiano;
Autore: Mons. Prof. Francesco Cocola;
Anno di pubblicazione: 1925.
Altre informazioni: questo manoscritto racchiude e spiega il significato di molteplici termini dialettali biscegliesi, tra cui il termine “siveirchie”, a cui Cocola attribuisce il significato di succhione, falso pollone, gambo e tallo di zucca.
Figura 6
Testo: Leggende e tradizioni biscegliesi;
Autore: Mario Cosmai;
Anno di pubblicazione: 1985.
Altre informazioni: in questo libro l’autore racconta tutta una serie di tradizioni biscegliesi, dedicando uno spazio a quelli che sono stati, e che per fortuna sono ancora, i piatti tipi della tradizione biscegliese, tra i quali troviamo “sovèirchie de checozze e chechezzèdde mbragatorie”. Cosmai si limita a illustrare la ricetta di questo piatto.
Figure 7, 8
Testo: Gli archivi per la storia dell’alimentazione. Atti del convegno. Potenza-Matera, 5-8 settembre 1988;
Capitolo: L’alimentazione nei secc. XVI e XVII in un monastero femminile: S. Maria del Carmine di Putignano;
Autore: Lucia D’Ippolito;
Anno di pubblicazione: 1995.
Altre informazioni: l’autrice nel suo capitolo ricostruisce un quadro degli usi alimentari delle popolazioni nelle varie epoche, in questo caso specifico si riferisce al comune di Putignano, e all’utilizzo in questo monastero delle zucchine nel 1617 e delle cime di zucca nel 1692.
E, per concludere, un antico detto popolare un detto popolare che recita: «La fatìghe se chiame checòzze a mè non m'angòzze, a mè non m'angòzze...se chiamàsse pure ceràse a mè non me trase, non me trase!»
(Traduzione: “La fatica si chiama cocuzza a me non m'ingozza, a me non m'ingozza, si chiamasse anche ciliegia, non mi entra, non mi entra!”).